Aste on line: chi offre di più’

17.10.2002

Le considerazioni che seguono sono anticipate volutamente da un titolo “ironico” che prima del 19 giugno 2002, a parere di alcuni autori, non avrebbe mai potuto diventare d’uso comune nell’ordinamento giuridico italiano in virtù del divieto sancito dall’art. 18, comma 5, del Dlgs. n. 114/1998, il quale testualmente prevede che “Le operazioni di vendita all’asta realizzate per mezzo della televisione o di altri sistemi di comunicazioni sono vietate”. Se non vi è (e non vi è stato neppure in passato) alcun dubbio sul fatto che tra gli “altri sistemi di comunicazioni”, di cui al citato art. 18, sia senz’altro da annoverare Internet, sull’estensione del divieto la dottrina e lo stesso legislatore non hanno, invece, assunto posizioni univoche.

Da un lato, a livello normativo, rileviamo che, a norma del Dlgs n. 185/1999 di recepimento della dir. 97/7/CE, relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, è esclusa l’applicazione del decreto medesimo ai contratti di vendita all’asta. D’altro canto, in dottrina, è stato evidenziato che l’art. 18, comma 5, del Dlgs. n. 114/1998 non contiene un divieto assoluto, bensì legato alle modalità di vendita. Come confermato dalla recente circolare n. 3547 del Ministero delle Attività produttive il divieto riguarda, in realtà, solo il commercio al dettaglio: l’art. 18 è, infatti, inserito nel Titolo VI del Dlgs n. 114/1998, dedicato alle forme speciali di vendita al dettaglio, per cui non sono soggetti al divieto i venditori all’ingrosso, i produttori agricoli ed industriali, gli artigiani e tutti coloro che non vendono ai consumatori finali, secondo la definizione di cui all’art. 4, comma 1, lett. b) del Dlgs. n. 114/1998. Naturalmente il divieto non riguarda l’operatore stabilito al di fuori del territorio nazionale e coloro che offrono all’asta non beni ma servizi, considerando che nell’art. 18, comma 5, del Dlgs n. 144/1998 si fa riferimento alle “operazioni di vendita” nelle quali non sono comprensibili le forniture di servizi.

Prima dei chiarimenti contenuti nella circolare n. 3547 (tranne per il caso dei produttori industriali per i quali le condizioni dell’esclusione dal divieto di cui al citato art. 18 erano state chiarite dallo stesso Ministero delle Attività produttive con le circolari n. 3459 e 3467 del 1999), per gli altri soggetti le condizioni di esclusione dal divieto erano, comunque, ricavabili dalla normativa che ne regola l’attività di vendita, alla quale rinvia anche la recente circolare. Ad esempio, per i produttori agricoli l’esclusione dal divieto era legata al fatturato conseguito in virtù del rinvio dell’art. 4 del Dlgs n. 228/2001 – “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo a norma dell’art. 7 della legge n. 57/2001” – al Dlgs n. 114/1998: qualora l’ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell’anno solare precedente sia superiore a 80 milioni di lire per gli imprenditori individuali, ovvero a 2 miliardi di lire per le società torna, infatti, ad essere applicabile il Dlgs n. 114/1998. Per quanto attiene alla vendita su Internet del produttore artigiano, la non applicabilità del divieto era subordinata, invece, alla circostanza che la vendita avvenisse nei locali di produzione o nei locali a questi adiacenti. Inoltre, come indicato espressamente nel considerando n. 19 della dir. 2000/31/CE, per coloro che prestano servizi tramite Internet, il luogo di stabilimento non è quello nel quale si trova la tecnologia o gli strumenti utilizzati, né quello ove il sito è accessibile ma il luogo ove viene prestata l’attività economica.

Avrebbero dovuto considerarsi lecite, non essendo colpite direttamente dal divieto, le aste on line cd consumer to consumer e quelle business to business che hanno come destinatari privati che commerciano con privati e commercianti ed utilizzatori professionali che commerciano tra di loro. Anzi, in tali casi, si può dubitare che tali attività possano essere considerate giuridicamente e tecnicamente delle vere e proprie aste. D’altra parte, tale tipologia di vendita, ancor prima del diffondersi delle aste on line, ha posto problemi di inquadramento giuridico. Le aste sono state ricollegate all’istituto dell’offerta al pubblico ex art. 1336 cc con perfezione del contratto a favore di chi ha offerto di più senza necessità di un’ulteriore manifestazione di volontà da parte del promotore, oppure sono state considerate contratti che si perfezionano con l’offerta del partecipante con la particolarità della decadenza di tale accettazione di fronte ad un’offerta più vantaggiosa (la circolare ha sposato la prima tesi).

Al di là, però, della qualificazione giuridica, l’asta ordinaria e l’asta telematica presentano caratteristiche diverse, relativamente alla presenza fisica del venditore e dell’acquirente ed alla visione materiale del bene. Tali peculiarità sono state tenute ben presenti dalla circolare n. 3547 che, oltre ad aver fugato i dubbi sull’interpretazione del divieto contenuto nell’art. 18, comma 5, “ai fini di una maggiore certezza e tutela degli utenti” ha richiamato l’attenzione degli operatori su alcuni aspetti “che devono essere tenuti presenti nella predisposizione del sito utilizzato per la conduzione dell’attività”. In particolare, la circolare in questione ha dato indicazioni circa la necessità di identificare i soggetti che partecipano all’asta ed il banditore d’asta, ai sensi anche di quanto previsto dall’art. 5 della dir. 2000/31/CE, che pone a carico dei prestatori di servizi della società dell’informazione obblighi informativi suppletivi oltre a quelli previsti dal diritto comunitario a tutela del consumatore, ed ha imposto alcuni specifici obblighi informativi circa le modalità d’asta ed il bene posto in vendita. Pur rinviando alla definizione di un quadro normativo specifico che sia in grado di disciplinare il rilevante fenomeno economico del commercio elettronico nel suo complesso, secondo le indicazioni contenute nella dir. 2000/31/Ce, la circolare sulle aste on line conferma una nuova scelta di politica legislativa, quella, cioè, di affidare la determinazione delle regole di dettaglio ai soggetti che conoscono per esperienza diretta i problemi e l’ambito nel quale la normativa dovrà andare ad incidere. La circolare, richiamando l’art. 16 della sopracitata direttiva, che invita gli Stati membri e la Commissione ad incoraggiare l’elaborazione di codici di condotta, individua nell’Osservatorio permanente sul commercio elettronico, istituito presso il Ministero delle Attività produttive con il Dm 27 novembre 1998, la sede idonea per la definizione degli interessi necessari all’elaborazione dei suddetti codici e si propone agli operatori del settore come una bozza di autoregolamentazione dalla quale può partire il confronto.

di Donatella Proto